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Bologna



 

I° Tenente di Vascello LUIGI BOLOGNA
Motivazioni delle Medaglie d’Argento al Valor Militare

" Per la perizia ed il sangue freddo dimostrati durante un suo volo verso Pola,
riuscendo a tornare con l’apparecchio alla propria sede
nonostante l’avaria al motore avvenuta in prossimità della Piazzaforte nemica".
(Pola, 9 agosto 1915) (R.D. 1° settembre 1915

2° concessione

"Pilota d'idrovolante di eccezionale abilità nel lungo servizio prestato
alla stazione di Venezia, della quale fu uno dei fondatori
dimostrò sempre mirabile entusiasmo e spirito di iniziativa
e fu di costante esempio ai suoi dipendenti che guidò molte volte in missioni di guerra".
(Alto Adriatico, 1915-1918) (D.L. luglio 1918)

Il piemontese Luigi Bologna, nato a Torino il 17 maggio 1888 da Luigi e da Rosalia Cova, fu uno dei molti giovani che, agli albori del secolo scorso, furono affascinati dalla novità del mezzo aereo incarnando quelle doti fondamentali per un pilota che sono il coraggio e lo spirito di sacrificio. Si distinse per professionalità e capacità di organizzazione e potè vantare una grande abilità che lo portò in seguito anche a distinguersi in competizioni sportive. Frequentò nel 1905 la Regia Accademia Navale e divenne ufficiale. Iniziò gli imbarchi nel 1906 con l'Amerigo Vespucci poi passò su diverse altre navi, fino all'ultimo imbarco sul Giulio Cesare, all'inizio del primo conflitto mondiale. Raggiunse i gradi di Guardiamarina nel 1909, di Sottotenente di Vascello nel 1911 e di Tenente di Vascello nel 1915. Nel gennaio di quell'anno ebbe la possibilità di diventare aviatore frequentando la scuola di pilotaggio della Marina appena trasferita da Venezia a Taranto.

La scuola del "Pizzone", così era chiamata la scuola di Taranto, a quel tempo era dotata di mezzi ed impianti modesti ed erano presenti tre istruttori americani ed uno italiano. Fu proprio quest’ultimo, il Comandante Roberti di Castelvero, uno dei primi pionieri dell’aviazione, a diventare maestro di Luigi Bologna.

Il giovane torinese ebbe il battesimo dell’aria su un idrovolante Albatros. Imparò poi a pilotare anche i Curtiss sotto la guida degli istruttori americani comandati da John Lansing Callan, che sarebbe tornato più tardi in Italia per organizzare le basi dell’aviazione della Marina americana. Insieme a Bologna, con lo stesso corso, si brevettarono altri piloti come Garassini Garbarino, Pellegrini, ed altri che ebbero modo di distinguersi per le loro doti durante la guerra.

Il 4 marzo 1915, imbarcato sulla prima porta idrovolanti della Regia Marina, la R.N. Elba, mentre si trovava in volo d’allenamento su un idrovolante Curtiss Triad, Bologna precipitò in acqua e, nel venire a galla cercando di divincolarsi dall'aereo, riportò gravi lesioni in varie parti del corpo.

Il 25 maggio 1915 fu destinato alla squadriglia idrovolanti di Venezia nell’isola di S. Andrea dove si trovavano Manfredi Gravina, Luigi Bresciani, Carlo della Rocca ed altri piloti che in seguito divennero importanti, comandati dal Ten. di Vascello Giuseppe Miraglia.

Il reparto era spesso frequentato da un ospite di riguardo, il poeta Gabriele D’Annunzio, che tanta parte ebbe nel pubblicizzare le imprese di marinai ed aviatori, molte delle quali da lui stesso ideate.

L’attività della nostra idroaviazione nei primi mesi di guerra era limitata dalla scarsità dei mezzi e dalle caratteristiche degli stessi, che permettevano di eseguire quasi esclusivamente ricognizioni sul cielo nemico. Per questo l’attività fu intensa e giornaliera: erano eseguite ricognizioni sul mare e sulle basi nemiche di Trieste e Pola. Il 7 agosto 1915 tuttavia fu decisa un’azione dimostrativa e offensiva su Trieste con quattro idrovolanti, due Albatros e due FBA uno dei quali pilotato da Miraglia e con D’Annunzio come osservatore; un altro aereo della formazione era comandato da Bologna. Furono lanciati manifestini firmati dal poeta inneggianti alla prossima liberazione della città e fu eseguito il bombardamento degli impianti militari. Bologna sganciò le sue bombe che esplosero nei pressi del Palazzo Luogotenenziale e delle torpediniere in porto.

Appena due giorni dopo quell’azione, il 9 agosto 1915, Bologna partì alla volta di Pola, la maggiore piazzaforte nemica che ospitava la flotta austriaca. L’azione è sinteticamente descritta nella motivazione della Medaglia d’Argento al valore militare che nell’ occasione gli fu attribuita.

In seguito, dopo diversi giorni di difficili ricerche, il 17 agosto 1915, insieme a Giuseppe Miraglia e Manfredi Gravina, Bologna fu uno dei protagonisti del ritrovamento del sommergibile Jalea, del quale si erano perse le tracce, affondato per aver urtato una mina.

Il 23 dicembre successivo Miraglia e D'Annunzio progettarono un ambizioso raid che avrebbe dovuto avere come obiettivo l'importante città di Zara utilizzando Ancona come base intermedia. Il percorso, doveva essere Venezia – Ancona – Zara – Ancona – Venezia e avrebbero dovuto partecipare quattro Albatros, uno dei quali comandato da Bologna. Tutto si bloccò quando, il 21 dicembre, Miraglia, durante un volo di collaudo del nuovo L.1, precipitò in mare e morì. Per onorare la sua memoria, da quel momento in poi la base di Sant’Andrea fu denominata "Miraglia". D'Annunzio chiese al Comandante Valli di non rinviare l'impresa e a Bologna di essere il suo pilota, in sostituzione dell'amico morto, ma il progettato volo su Zara fu rinviato sine die.

Il 15 gennaio del 1916 Bologna, divenuto ufficialmente pilota di D’Annunzio, avrebbe dovuto compiere insieme a lui un volo di ricognizione sull’Istria. Provarono due apparecchi, ma non riuscirono nemmeno a decollare per colpa dei carburatori che non funzionavano. Al terzo tentativo riuscirono, ma anche questa volta le cose non si misero bene; sopra Caorle il vento aumentò, turbini improvvisi scuotevano l’apparecchio che prese a sobbalzare in modo preoccupante e non riusciva a prendere quota a causa del motore che aveva iniziato a scoppiettare. Bologna, certo del fatto che l’aereo non sarebbe riuscito a salire, decise il ritorno. L’apparecchio si abbassò, virò con il vento in poppa e l’ammaraggio fu eseguito senza difficoltà.

Il giorno successivo, 16 gennaio, Bologna, con D’Annunzio in qualità di osservatore, partì in missione su Trieste. Al rientro, sulla verticale di Grado, il carburatore cominciò a dare i soliti problemi finchè ad un tratto il motore si arrestò e l'aereo fu costretto ad ammarare. Durante la manovra, resa difficile dalla mancanza di propulsione del motore, Bologna, ingannato dal riflesso del sole sull'acqua, non avendo potuto misurare bene la distanza, richiamò troppo alto e l’aereo ricadde con violenza sulla superficie dell’acqua. D'Annunzio colpì con violenza la fronte e l’occhio destro contro il bordo della carlinga, restò semicieco per qualche ora, poi si riprese, ma solo in parte, continuando ad accusare dolori e disturbi alla vista. Il poeta, tuttavia, non manifestò il suo dolore perché non voleva che la notizia dell’errore di manovra danneggiasse la considerazione di Bologna e compromettesse il volo su Trieste stabilito per il giorno successivo.

Il mattino seguente, infatti, i due decollarono alla volta di Trieste sull’L 190 e il volo questa volta si svolse regolarmente. Come previsto tre torpediniere indicavano la rotta con le loro scie percorrendo il tratto da Venezia fino a Grado, poi verso Miramare. Su Trieste l’aereo fu sottoposto ad un violento fuoco di artiglieria, ma nonostante non riuscisse a superare i 1500 metri di quota non fu colpito. La missione fu compiuta con successo e fu accertata la presenza in porto di tre grosse torpediniere. Il poeta lanciò, come sua abitudine, un messaggio d’augurio agli italiani di Trieste. Nei giorni successivi il fastidio all’occhio continuò ed una visita medica constatò il distacco della retina. D’Annunzio fu costretto alla completa oscurità nella speranza di guarire, ma perse per sempre l'uso dell'occhio ferito. In quei mesi di cecità scrisse "il Notturno".

Il 30 gennaio 1916 Bologna fu nominato comandante della squadriglia di idrovolanti di Grado e trasferito sull’isola di Gorgo. Sostituì il T.V. Ugo de Rossi del Lion Nero famoso aviatore, veterano della campagna di Libia nel 1911, e celebre istruttore, che tra gli altri aveva abilitato al brevetto militare Francesco Baracca. Bologna giunse al suo nuovo comando il 3 febbraio utilizzando per il trasferimento il suo idrovolante, ma fece appena in tempo a ricoverare il mezzo nell’hangar che tutta la base subì un attacco da parte dell'idroaviazione austriaca e la maggior parte dei velivoli della stazione andò distrutta.

Grado era la base d’idrovolanti più avanzata, aveva di fronte a soli cinque minuti di volo Trieste e Prosecco e nei giorni chiari esse si vedevano a occhio nudo. Questa vicinanza portava gli avversari a essere informati troppo bene gli uni degli altri: si conoscevano le abitudini e i caratteri e non di rado si scambiavano commenti con fogli gettati negli opposti schieramenti. Ciò comportava una tensione continua, una ricerca esasperata di inganni e di astuzie per uccidersi meglio, solo raramente qualche frase cavalleresca. Fu in questa situazione che il T.V. Bologna si trovò ad affrontare il più grande dei piloti dell’aviazione marittima austriaca: il comandante della Stazione idrovolanti di Trieste Godfried De Banfield. Poiché i piloti presenti alla base italiana erano per in generale poco addestrati, a far fronte agli attacchi nemici rimasero Bologna ed un solo pilota veterano, il Secondo Capo Daniele Minciotti. I due si levarono in volo a turno due o tre volte al giorno ed iniziarono a bombardare i dragamine austriaci che percorrevano il golfo. Volarono poi su Trieste fotografando impianti e quindi bombardarono gli hangar nemici che fino ad ora erano rimasti nascosti. Il 12 giugno 1916 ci fu un avvicendamento nel comando della squadriglia di Grado: il comandante delle squadriglie di Venezia, Carlo della Rocca, incaricò il Comandante Silvio Montanarella,(diventò marito di Renata la figlia di G. D’Annunzio), di sostituire Luigi Bologna, il quale fu richiamato a Venezia.

All’inizio di settembre il Comandante in Capo della piazza di Venezia, Giulio Valli, dispose di bombardare gli hangar degli idrovolanti e degli aeroplani di Parenzo. A tale scopo collaborarono le forze francesi che erano presenti a Venezia: una squadriglia di FBA che era insieme alla nostra di S.Andrea e l’altra di caccia terrestri che era al Lido. Parteciparono all’operazione complessivamente dodici idrovolanti scortati da quattro caccia. Contemporaneamente il Comando Supremo dell’Esercito sferrò un attacco contro la zona industriale di Trieste e gli hangar della baia di Muggia con l’impiego di 26 bombardieri Caproni scortati da 14 aerei da caccia. La rotta di avvicinamento che seguiva l’andamento della costa e il sole alle spalle favorirono l’azione che avvenne quasi di sorpresa. Come di consueto lungo la rotta furono scaglionate, alla distanza di tre miglia l’una dall’altra, 12 torpediniere delle quali tre provviste di radio telegrafia e due motoscafi antisommergibili. Il 13 settembre, dunque, vari gruppi d’idrovolanti e aeroplani da caccia lasciarono Venezia. All’azione parteciparono le Squadriglie francesi e italiane di Venezia e la Squadriglia di Grado. I francesi misero a disposizione i quattro caccia Nieuport, per la scorta e un idrovolante FBA. Gli altri dodici idrovolanti appartenevano alle squadriglie italiane di S.Andrea e di Grado. I dodici idrovolanti raggruppati in due squadriglie di sei erano agli ordini dei rispettivi capi squadriglia, i Ten. di Vasc. Bologna e Garassini. La partenza avvenne con un intervallo di due minuti fra i gruppi e la squadriglia da caccia, dotata di aerei terrestri, partì 15 minuti più tardi in modo tale da giungere tutti contemporaneamente sull’obiettivo. In quell’occasione si ripropose a Bologna di lavorare in coppia con D’Annunzio nel ruolo di osservatore. Il poeta dopo sette mesi di inattività forzata aveva infatti ripreso la sua attività aviatoria e aveva scelto di nuovo Luigi Bologna come pilota a dimostrazione della sua stima nelle doti aviatorie dell’amico, offrendogli così una grande soddisfazione morale e rinnovandogli una fiducia che non era mai venuta meno.

Dalle 17,30 alle 17,55 gli aerei si avvicendarono sull’obiettivo gettando 53 bombe su hangar e batterie di Parenzo. L’aereo L 161 di Bologna rientrò regolarmente. Non così fu per il Ten di Vasc. Garassini Garbarino colpito da shrapnells al motore e per il Capo timoniere Arturo Zanetti che, costretti all’ammaraggio, tornarono a rimorchio delle torpediniere.

L’attività di Bologna proseguì instancabile. La notte del 17 settembre 1916 eseguì un’operazione notturna di bombardamento su Trieste con la quale guadagnò la Medaglia di Bronzo al valore militare. Così recita la motivazione: "Pilota di idrovolante, si portava di notte su di un obiettivo militare e lo bombardava, dando prova di molta perizia, calma ed ardimento".

I pericoli della guerra aerea non erano legati solo al fuoco nemico, ma erano costituiti anche da frequenti incidenti aerei dovuti alla fragilità delle macchine del tempo. La vita del nostro pilota ne fu infatti segnata ancora una volta. Il giorno 11 dicembre, in un volo di prova eseguito da solo a bordo dell’idrovolante FBA (M.M. 41310), in seguito ad una falsa manovra precipitò causando la distruzione dell’apparecchio. Egli riportò contusioni al ginocchio destro ed escoriazioni multiple di terzo grado.

Concluso così l’anno 1916 in convalescenza, agli inizi del 1917 fu trasferito all’aviazione dell’Esercito in carico al I° Gruppo Aeroplani di Santa Maria La Longa (Udine). La 7a Squadriglia di cui entrò a far parte era equipaggiata coi famosi bombardieri Caproni Ca.300. Il 20 aprile a bordo del Ca.719 pilotato dal tenente Adriano Bacula, futuro collaudatore della SIAI, e con il sergente Bosio, il mitragliere d’Arduino e Luigi Bologna in qualità di osservatore, fu eseguita un’azione di bombardamento su Trieste che aveva come obiettivo i cantieri di produzione degli idrovolanti.

Dopo questa parentesi presso i reparti da bombardamento dell’esercito Bologna venne richiamato a Venezia e gli venne affidato il comando della appena costituita 251a Squadriglia che tenne fino al novembre del 1917. Essa venne formata con il personale ed il materiale del1a Squadriglia Idro di S.Andrea, la prima unità di cui Bologna aveva fatto parte agli inizi della guerra. La linea di volo composta da FBA fu gradualmente sostituita dai nuovi Macchi L3. Compito di tale squadriglia, oltre alla difesa dello spazio aereo della città erano la ricognizione in alto mare e quella delle basi nemiche di Trieste e Pola, la direzione dei tiri dell’artiglieria navale che utilizzava bocche da fuoco piazzate su pontoni galleggianti che bombardavano il nemico dal mare, e infine la protezione delle operazioni eseguite dalle forze della Regia Marina. Le azioni di scorta e di ricognizione costituivano l’attività principale.

Il 13 aprile, insieme all’osservatore Spartaco Soventi, Bologna si recò su Pola per scortare i ricognitori dei colleghi della 252a Squadriglia anch’essa basata a Venezia.

Il 17 aprile, nell’ambito di una complessa e vasta operazione, due L 3 si levarono in volo contro il naviglio sottile austriaco costituito dalle agili Torpedoboat e dai sommergibili che erano particolarmente attivi nel settore. Il 14 luglio Bologna, al comando di una coppia di L.3, si recò in ricognizione su Pola dove rilevò la presenza in rada di 13 unità navali di grosso tonnellaggio. Sulla rotta di ritorno la coppia incrociò la torpediniera nemica Tb 52 nei pressi dell’isola di Brioni, la attaccò con bombe che la mancarono per pochi metri.

 

Il 14 agosto l’intera squadriglia, intervenne ripetutamente su unità navali leggere che si erano spinte sotto la costa italiana per appoggiare un pesante attacco aereo su Venezia. Bologna e Bevilacqua come osservatore avvistarono una dozzina di siluranti e le segnalarono immediatamente al gruppo navale italiano, ma poco dopo furono costretti per cause imprecisate ad ammarare a dieci miglia da Cortellazzo. L’idrovolante si capovolse a causa del mare grosso e l’equipaggio fu prontamente soccorso dalla torpediniera 13.OS.

I mesi di settembre e ottobre videro il comandante Bologna scortare gli L.3 in missione di ricerca e bombardamento con il suo nuovo Macchi M.5. Questo fu il primo modello di idrovolante concepito espressamente per la caccia e Bologna fu uno dei primi piloti ad utilizzarlo in combattimento. In seguito alla ritirata di Caporetto la squadriglia fu chiamata ad intervenire anche sul fronte terrestre per rallentare l’avanzata del nemico.

Il 1° novembre del 1917 Luigi Bologna assunse il comando della 260a Squadriglia di nuova costituzione anch’essa presente a Venezia e dotata interamente dei nuovi caccia Macchi M.5. Fu in questo periodo che Bologna decorò il suo M.5 numero 7 con l’insegna personale consistente in una feroce testa di gatto nell’atto di azzannare. Il comando dell’ unità da caccia fu da lui mantenuto fino a dicembre quando passò a comandare il "Gruppo Squadriglie da Caccia".

Questo gruppo riuniva tutti i piloti da caccia della "Miraglia" che nel frattempo erano diventati quindici. Ai primi di gennaio 1918 i cacciatori di Bologna estesero la loro attività anche contro i draken nemici, infatti il Comando Supremo aveva impartito l’ordine secondo il quale, nei giorni dell’offensiva del nostro esercito, nessun draken nemico doveva alzarsi in volo. Si trattava di azioni molto pericolose in quanto i palloni erano bersagli difficili da abbattere date le loro dimensioni, e particolarmente protetti dalla difesa nemica. Pochi furono i palloni abbattuti, ma lo scopo fu raggiunto in quanto il nemico non osò sfidare gli attacchi degli M.5. In quel periodo sul nostro fronte erano presenti alcuni reparti inglesi del Royal Flyng Corps che affiancavano l’aviazione italiana nel fronteggiare la pressione nemica.

Il 5 febbraio Bologna portò in volo i caccia della 260a e 261a Squadriglia per scortare gli aerei da bombardamento sulla linea del Piave. Rientrando dalla missione, 15 Km a nord est di Venezia avvistò uno dei suoi apparecchi, attorniato da tre caccia, si avvicinò per portare aiuto ma si accorse che erano inglesi, perciò dopo un cenno di saluto col pilota alleato del primo caccia, si avvicinò al secondo e dopo avere compiuto diverse evoluzioni, sicuro di essere stato riconosciuto come italiano per le vistose insegne dipinte sull’aereo, si allontanò dirigendosi verso Venezia. Poco dopo sentì il rumore di una scarica che pensò dovuta al malfunzionamento ma un suo gregario gli confermò di essere dovuta alla mitragliatrice del pilota dell’aereo inglese, Lieutenant A.G. Jarvis, che non lo aveva riconosciuto. La sola avaria riportata dal suo Macchi n. 7 fu un foro di proiettile nel piano di coda.

Nella tarda primavera del 1918 la Regia Marina decise di formare una squadriglia da caccia dotata di aerei terrestri, la 241a, che venne equipaggiata con il nuovo caccia Hanriot Hd.1 dotato di migliori prestazioni rispetto ai caccia idrovolanti. La squadriglia fu sottoposta al comando di Bologna ormai riconosciuto come il più esperto comandante di caccia della Regia Marina. La 241a ebbe sede a Venezia Lido. Per i piloti della nuova squadriglia si rese necessario un periodo di addestramento per la conversione ai caccia terrestri che venne effettuato su alcuni Nieuport X e 17. Il 24 giugno Bologna compì la prima missione di guerra coi nuovi aerei, una crociera sul Piave. A luglio gli vennero assegnati altri Hanriot e compì diverse missioni di scorta alle incursioni degli L.3 e M..8 che attaccarono quasi quotidianamente la base di Pola e quelle dell’Istria.

A coronamento dell’operato fin qui svolto l’11 Luglio 1918, fu concessa a Luigi Bologna la seconda Medaglia d’Argento al valore militare.

Il 17 luglio si volle infliggere il colpo definitivo alla base della marina austriaca a Pola. Ventidue L.3 con bombe e quindici M.5 come caccia di scorta partirono dalla stazione "Miraglia" di Venezia, insieme a quattro S.I.A. con bombe, nove S.V.A. dalla squadriglia S.Marco del Lido, diciotto bombardieri Caproni da S.Pelagio (Padova), sei FBA per protezione delle nostre navi e cinque M.5 per protezione degli FBA da Porto Corsini. Due ore dopo si levarono in volo dal Lido a protezione del rientro degli stormi due Hanriot e due Ansaldo Balilla della 241a squadriglia.

Il 19 agosto Bologna fu vittima di un nuovo incidente. Mentre si trovava presso la 122a Sq. a Campoformido, durante un volo di prova sull’ Hanriot (MM 19258) che doveva ritirare per la sua squadriglia, mise fuori uso l’aereo, fortunatamente senza gravi conseguenze.

Negli ultimi mesi di guerra la squadriglia venne equipaggiata con i nuovissimi Ansaldo A1 di costruzione italiana che non riuscirono praticamente ad effettuare operazioni.

Finita la guerra Bologna rimase in servizio nella sua squadriglia fino al 20 settembre 1919.

Il 16 febbraio dell’anno successivo chiese un’aspettativa della durata di 11 mesi per "motivi speciali". Iniziò a lavorare come pilota per la SIAI che in quei mesi si stava preparando per partecipare alla Coppa Schneider, prevista per i giorni 19-21 settembre 1920 a Venezia. Francesi e Britannici non parteciparono alla competizione per disaccordi sul regolamento perciò rimasero in gara solo gli Italiani con quattro idrovolanti, due della Macchi e due della SIAI, tutti pilotati da veterani della guerra a dimostrazione del forte appoggio che le forze armate davano alla manifestazione aviatoria.

Anche gli Italiani, tuttavia, dovettero far fronte ad alcuni inconvenienti: Giovanni De Briganti, pilota dell’esercito su Macchi M.12, si ritirò per la scarsa competitività del suo aereo; la costruzione del Macchi M.19, del pilota di marina Arturo Zanetti non fu terminata in tempo come anche quella dell’S.19 del pilota di marina Guido Jannello. Solo Luigi Bologna col suo SIAI S.12 (MM 3011), che portava lo stesso numero 7 dell’M.5 pilotato durante la guerra, fu in grado di gareggiare. Nonostante tutto ciò, la gara ritenuta di grande importanza, non fu rimandata ad occasione più propizia e si decise di proseguire ugualmente, col risultato che Bologna risultò unico partecipante e vincitore.

L’S.12 era un biposto nato originariamente per la ricognizione e il bombardamento, vantava quindi discrete dimensioni e una apertura alare di m 11,72. Era stato convertito per l’occasione in monoposto, dotato di un grosso motore Ansaldo San Giorgio 4-E-28 da 550 cv con elica quadripala spingente.

Il 20 settembre 1920, dunque, con nubi basse, mare agitato ed un forte vento di nord-est che spirava su tutto il percorso, Luigi Bologna prese il via da solo per l’edizione 1920 della Coppa Schneider impostata su un circuito triangolare di 37,117 Km, con virate a sinistra, da corrersi dieci volte. Lo percorse senza danni, alla media di 172,561 Km/h. L’Aero Club d’Italia, a nome del suo presidente Carlo Montù, gli rilasciò il diploma di medaglia d’oro con la seguente motivazione:

"Pilota di ammirevole ardimento, di somma maestria e di altissima fede nell’avvenire della nostra aviazione, che, in condizioni di vento e di mare difficilissime, pilotando un apparecchio Savoia eseguiva magistralmente tutte le prove per la coppa di aviazione marittima "Jacques Schneider" in Venezia dal 19 al 21 settembre 1920; e vincendo brillantemente la gara conquistava all’Italia un nuovo mondiale trionfo" .

Il 16 gennaio 1921 il nostro veterano rientrò dall’aspettativa e l’11 giugno dello stesso anno fu trasferito al dipartimento della marina a Pola. In questi mesi cominciò a prepararsi per l’edizione successiva della Coppa Schneider, che si sarebbe svolta ancora una volta a Venezia, con l’intento di portare in gara l’S.13 della SIAI. Come successe l’anno precedente i Britannici non parteciparono. Si presentò invece un francese, Sadi Lecointe, pilota assai noto a quei tempi, al comando di un Ni.29G. Le iscrizioni dei candidati italiani alla competizione furono, invece, talmente numerose che si rese necessaria una prova eliminatoria. Parteciparono, tra gli altri, ben sei S.13 pilotati da Bologna, Giarrosio, Arcidiacono, Minciotti, Riccobello e Conforti.. Le eliminatorie vennero disputate il 3 agosto con traguardo davanti all’Hotel Excelsior del Lido e videro il trionfo degli aerei della Macchi. Bologna si classificò al quinto posto e fu, quindi, escluso dalla gara.

La coppa fu vinta da Giovanni De Briganti che assicurò all’Italia la seconda consecutiva vittoria della Coppa Schneider.

Il 23 agosto 1921 Bologna partì, in compagnia dell’Ing. Calori, da Forte S.Andrea nella laguna di Venezia, per collaudare un idrovolante. Per cause sconosciute l’aereo precipitò e Bologna morì.

Con queste parole D’Annunzio commemorò la sua morte:

"ad una ad una cadono le ultime aquile della battaglia nel medesimo fondo di laguna dov’era precipitato Giuseppe Miraglia, un mattino placido dello scorso Settembre, anche Luigi Bologna si spezzò le ali e le ossa".

Alla memoria del 1° Tenente di Vascello Luigi Bologna, fu dedicato l’Idroscalo di Taranto, presso il quale lo stesso, da giovane ufficiale, aveva imparato a volare. Oggi su quella base ha sede la Scuola Addestramento Reclute dell’Aeronautica Militare.

Mauro Antonellini - Giovanni Solli

 

 

Foto e documenti storici forniti dalla Famiglia Bianchi Bologna